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ENTUSIASMANTE SUCCESSO PER LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI SERGIO PIROZZI, SINDACO DI AMATRICE

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Il football americano è ufficialmente sbarcato in Inghilterra, patria del rugby che per gli inglesi più che uno sport è un’istituzione, e lo ha fatto decisamente in grande stile.
L’arrivo dello sport più amato dagli americani ha suscitato un grande entusiasmo tra i fans d’Oltremanica che si sono riversati in massa sabato scorso nella centrale zona londinese di Regent’s street dove, alla vigilia della sfida tra i New Orleans Saints e i Miami Dolphins, si è svolta una fiera dedicata al mondo della palla ovale a stelle e strisce.
L’ingresso trionfale della NFL a Londra è stato però accompagnato anche dalle polemiche che vanno ormai avanti da mesi, e non accennano a placarsi, tra i giocatori americani di football e il presidente statunitense in carica Donald Trump sulla vicenda degli abusi subiti dalle minoranze afroamericane per opera delle forze di polizia.
Come già accaduto diverse volte negli USA, così anche nel tempio dello sport inglese di Wembley i giocatori delle due franchigie si sono inginocchiati durante l’esecuzione dell’inno americano in segno di solidarietà nei confronti di quanti, essendo parte di una minoranza etnica, sono stati uccisi o sono stati oggetto di abusi e brutalità da parte delle forze dell’ordine. Gli atleti si sono alzati in piedi in segno di rispetto solo quando è stato intonato l’inno inglese ‘God save the Queen’.
La protesta nel mondo della NFL è in realtà partita oltre un anno fa per iniziativa dell’allora quarterback dei San Francisco 49ers Colin Kaepernick, quando ancora Trump non si era insediato alla Casa Bianca. Con la sua dura presa di posizione e l’aspro attacco nei confronti di quei giocatori che aderiscono alla protesta inginocchiandosi durante l’esecuzione dell’inno, che secondo il presidente dovrebbero essere licenziati dalle proprie squadre, è diventato di fatto l’antagonista principale della protesta stessa.
Con il suo atteggiamento Trump è diventato il simbolo di un paese in cui le istituzioni sono indifferenti nei confronti delle discriminazioni razziali e apertamente ostile a quanti in maniera pacifica, attraverso l’esercizio della libertà di parola e di espressione, si battono per il rispetto dei diritti delle minoranze.
Era il 1968 quando durante la premiazione della gara dei 200 metri delle olimpiadi di Città del Messico Tommie Smith e John Carlos alzarono il pugno chiuso al cielo in segno di solidarietà alle Pantere nere, che in quegli anni si battevano contro la discriminazione razziale e il raggiungimento dell’emancipazione da parte della comunità afroamericana.
E’ trascorso oltre mezzo secolo da allora ma la discriminazione delle minoranze etniche è un male che non è stato ancora del tutto estirpato negli Stati Uniti.
Maciej Lesiewicz

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